Ho conosciuto gli Squilibrati a quattro –e a due – zampe quasi un anno fa. È successo per vie traverse, ma sempre attraverso i cani.
Li ho riconosciuti subito, ciascuno con la propria unicità, proprio come il loro nome originale: non performativo, non orientato alla perfezione, ma radicato nel desiderio di trovare un posto nel mondo. Un mondo che, pur essendo imperfetto, continua a giudicare l’imperfezione.
Forse è proprio questo loro modo di abitare il mondo – in un educato e delicato squilibrio – che mi ha fatto sentire a mio agio con tutta la famiglia. In fondo, anche io vivo su quel filo, come una funambola: con il cuore in perenne precarietà, che si aggrappa alla solidità della ragione.
Quando mi hanno chiesto di scrivere qualcosa per il sito, mi sono sentita lusingata e ho accettato senza esitazione. Credo che quando ci si trova bene a respirare la stessa aria di qualcun altro, si debba fare di tutto per respirarla ancora e ancora.
Alla domanda “di cosa vuoi che io parli?”, la risposta è stata semplice: scegli tu, l’idea è di creare una rete di persone che parlano di cani, e non di cinofilia. Ho sorriso – quasi un ghigno – e non potevo che accettare.

I miei cani preferiti

Voglio parlarvi dei miei cani preferiti: quelli che molti definiscono squilibrati, in senso negativo e tragico, ma che per me sono invece i cani più preziosi. Quelli da ascoltare, da osservare, da cui imparare. Non solo per la voglia di rispondere a chi chiede aiuto, ma perché credo davvero che, nel loro squilibrio, custodiscano insegnamenti profondi su come stare al mondo. E quindi alla fine più che aiutare loro sono loro ad aiutare noi. Sono i cani etichettati come pericolosi, rinchiusi in frasi preconfezionate e destinati a “pillole della felicità”. Cani ingabbiati in un canile, o in gabbie fatte di collari, museruole, vincoli su corpo e anima.
Sono i cosiddetti indocili, o i fobici, o i semi-selvatici… Sono quelli sbagliati: perché non vogliono vivere secondo ciò che l’uomo pretende – regole, tempi, credo. Sono cani che urlano la loro verità. Con un ringhio, un abbaio, un’esplosione di reattività, con l’ansia. Ognuno a modo suo ci dice che ciò che proponiamo non è gradito.
Noi, invece di chiederci perché, invece di imparare da loro il valore del no, li giudichiamo. Li definiamo difettosi, li vogliamo ri-educare, curare.
Ma allora, la domanda resta sospesa: su cosa crediamo davvero di doverli ri-educare?

L’incontro con gli squilibrati

Quando incontro questi cani – dietro il cancello di un box di canile, in un’auto, legati a un collare a strozzo, confinati in un giardino a maledire un mondo che non li capisce e che loro non capiscono – dentro me accade qualcosa. Basta uno sguardo. Un semplice sguardo, e io mi arrendo alla loro forza d’animo. Mi siedo, prendendomi il tempo necessario. Cerco di leggere la loro storia come fosse un libro da cui non riesco a staccarmi: voglio scoprire chi sono, cosa li ha portati lì, contro cosa urlano.
Non cerco di ignorare la loro ferita dell’anima, né di ricoprirla con cure di facciata. Piuttosto, mi ci immergo dentro. Provo ad allargarla, ad aprirla, per lasciare che tutta la luce di quella personalità venga fuori. E sogno che quella luce possa contagiare anche chi non trova la forza di essere squilibrato.
Forse perché la cana che vive con me da otto anni è stata considerata “squilibrata”, ed è invece l’individuo che più di chiunque altro mi ha insegnato la vita.
Forse perché anche io, nella mia famiglia, sono stata considerata squilibrata. Forse è per questo che ho un debole per loro.
Posso dire che mi sento molto più a mio agio con un cane che mi ringhia in faccia, con un cane che trema di paura addosso a me, o con un cane che abbaia il suo disgusto verso il genere uman, piuttosto che con un cane che non annusa mai, educatissimo, perfetto nel riportare la palla, che non ama sporcarsi, che mangia a tavola o veste più firmato di me.

Una domanda aperta

Per me gli squilibrati – quelli che non si adattano al mondo, che hanno il coraggio di mostrare le proprie ferite senza mascherarle e di dire la loro verità – sono anime da tutelare. Anime sagge che ci ricordano chi vogliamo essere: gli autentici. I veri cani, e non surrogati umani, robotini che fanno tutto quello che vogliamo. Sono loro che ci ricordano che la perfezione, ringraziando gli dèi, non esiste. E che la vera forza non sta nel nascondere le fragilità, ma nel trasformarle in un modo diverso – e autentico – di stare al mondo.
La domanda che mi porto dietro, e che lascio a chi legge, è questa: siamo davvero pronti ad ascoltare gli squilibrati, o preferiamo continuare a ingabbiarli per non vedere le nostre stesse crepe?
Una semplice squilibrata

Questo articolo lo ha scritto per Squilibratia4zampe® Ilaria Basso, consulente in relazione felina, educatore cinofilo, tecnico cinofilo, docente, formatore, architetto. Ha partecipato a conferenze per istituzioni per progettazioni di canili di ultima generazione, e a progetti di zooantropologia didattica nelle scuole. Negli ultimi 15 anni si è dedicata al benessere animale. 

Ringraziamo gli amici di KGymDog (clicca qui per vedere il loro sito) per averci ospitato nel loro meraviglioso centro cinofilo.